Si possono anche “affittare”.
Per un giorno o il week-end, per una settimana, un mese intero. L’altra sera avrei potuto prenderne uno per 750 euro. Caricarlo in macchina, portarmelo a casa e considerarlo di mia proprietà da mercoledì fino al mattino del martedì succcesivo.
Voleva da mangiare, andare al cinema, voleva i soldi e poi magari anche un piccolo regalo. In cambio si offriva.
“Scopo ogni volta che me lo chiedi”, mi ha detto Ciprian, romeno di Galati che da sette mesi si vende a Valle Giulia.
Mi ha giurato di avere diciannove anni ma addosso non aveva documenti. Mi sembrava molto più piccolo. Mi sembrava minorenne. E’ finita con Ciprian una notte con la telecamera nascosta fra i nuovi “ragazzi di vita” di Roma. E’ finita con lui che ventiquattro ore dopo mi avrebbe “aspettato lì”, nella penombra di Villa Borghese, lungo i viali dove altri giovanissimi si prostituiscono per tanto o per poco, per due giorni o due anni, da soli o in compagnia con uomini di ogni età. Sono albanesi, curdi, tunisini, marocchini, sono moldavi e ucraini.
C’è qualche afgano, un gruppetto di italiani e una valanga di romeni. Negli ultimi tempi la grande ondata di adolescenti da “noleggiare” si è rovesciata soprattutto da Bucarest. Ne arrivano venti, trenta o anche sessanta in più ogni mese di romeni affamati e con il bisogno di raccattare qualche euro a qualunque costo. E la loro età scende, scende sempre.
Sono tantissimi, sono migliaia i “ragazzi di vita” nella Roma del 2007. Solo l’Arcigay ne ha contati più di mille in tre mesi. E qualcuno non ha nemmeno sedici anni, i minori sono almeno centocinquanta. Con tre o quattro marchette guadagnano da 50 a 200 euro a sera.
Più della metà si dichiarano “attivi” e non usano preservativo, hanno in media dai 10 ai 12 rapporti a settimana.
Più della metà si dichiarano “attivi” e non usano preservativo, hanno in media dai 10 ai 12 rapporti a settimana.
Al venerdì e al sabato raddoppiano clienti e denari. Molti “lavorano” in proprio. Altri vengono sfruttati da balordi che in passato stavano anche loro sui marciapiedi. E tutti cercano sempre più soldi, solo soldi.
Un rom di 17 anni – raccontano a Save The Children – lo ha fatto per mesi per mantenere la moglie di 15 anni e realizzare così il loro sogno: costruirsi una casetta in Romania. Battono a Valle Giulia, al Circo Massimo, all’Eur. A piazza della Repubblica.
Sfrontati mettono in mostra la loro “merce” agli automobilisti di passaggio, i più discreti aspettano dietro un albero.
E’ una Roma by night che si compra facile sulla strada. Valle Giulia, ore 22,00 di mercoledì 7 novembre. Fermo l’auto nel giardino che si affaccia sulla facoltà di Architettura. Fari spenti, silenzio. Dopo pochi minuti mi viene incontro un ragazzo, gli apro la portiera dell’auto e lui sale. E’ italiano. Si presenta: “Ciao, io sono Daniele”.
E’ dei Castelli Romani, di Genzano. Ha ventitré anni, è alto, magro, moro. Parla in romanesco. Cominciamo a chiacchierare “per conoscerci meglio”. Sposto l’auto di qualche metro, sotto un lampione illuminato. La telecamera è accesa, il microfono registra. Quanto prendi? “Trenta euro”. In macchina? “Sì, in macchina”. E se ce ne andiamo a casa mia, ne vuoi di più? “Cinquanta”. Daniele mi chiede una sigaretta. Gli faccio qualche domanda, lui risponde: “E’ da un annetto che sto qui.. prima venivo sempre ma poi ho conosciuto il direttore di “Trova Escort” e prendevo appuntamenti su Internet, adesso però sono ritornato a Valle Giulia”. E aggiunge: “Sono attivo e passivo”. Se io volessi passare due o tre giorni con te, quanto ti devo dare? “Ne potemo parlà, potemo trattà”. Si accende una seconda sigaretta, si guarda intorno, stanno per arrivare altri ragazzi come lui. Sta arrivando la “concorrenza”: i romeni. Anche lui ha del risentimento contro quelli che vengono da Bucarest: “Prima c’eravamo solo noi italiani, noi e i tunisini. Ce la comandavamo fra di noi. Non facevamo fare le rapine, non facevamo stè cose.. questi rumeni ti chiedono un panino e poi fanno le rapine ai clienti, li riempiono di botte”. Daniele comincia a spazientirsi, siamo fermi in auto da quasi dieci minuti e stiamo ancora parlando.
Gli chiedo quanto guadagna. Risponde: “Quanto guadagnavo prima, quando non c’erano tutti stì rumeni?. facevo due piotte e mezzo, tre piotte, 300 euro a sera…”. Tutte le sere? “No, c’era la sera che ne facevi 150, la sera che ne facevi 200, quell’altra che ne facevi 50 o 80”. Hai mai avuto un altro lavoro? “Per sette anni ho fatto il manovale, con mio cognato a San Cesareo”. Torna loquace e comincia a raccontare dei suoi guai in famiglia. Il padre morto, mai un soldo in tasca. “Io sò uno che cerca di sfamasse”, dice. E’ alla terza sigaretta. Continuo a fargli domande. Chi sono i tuoi clienti? “La maggior parte sò grossi, 40 o 50 anni”.
E cosa vogliono da te? “Ce stanno quelli che chiedono l’attivo, quelli che chiedono dù maschi insieme, quelli che chiedono l’attivo e il passivo”. E a te piace? “Te l’ho detto: io sò bisex”. Da un vialetto stanno risalendo due auto della polizia. Daniele apre la portiera e mi saluta: “Io ho la coscienza pulita, che me devono dì? Me dicono che stai a fà qua? Io gli rispondo sempre nello stesso modo: sto a cercà de magnà”.
I poliziotti scendono dalle auto e controllano i documenti a tutti quelli che trovano nei paraggi, a piedi o sulle macchine in sosta nel buio. Sono del commissariato Salario.
I “ragazzi di vita” si nascondono fra i cespugli, scappano giù verso viale delle Belle Arti. Anch’io me ne vado. Tornerò più tardi a Valle Giulia. Piazza della Repubblica, ore 22, 45. Sono al terzo giro di una grande aiuola e davanti al McDonald’s c’è un ragazzino di carnagione chiarissima. Sgrana gli occhi, si passa la lingua sulle labbra. Dall’altra parte della strada un uomo che avrà sessantacinque o settant’anni gli fa un cenno, un attimo dopo il ragazzino sale su un’auto che scompare verso la stazione Termini. Ce ne sono altri tre che passeggiano fra le bancarelle di libri. Scherzano, bevono birra e aspettano clienti. Al semaforo arrivo io. Il più svelto ad avvicinarsi è un tipo tracagnotto con una frangetta di capelli neri, lo sguardo furbo. E’ romeno, si chiama Cristiano. Quanto vuoi? “Trenta per un…”. E per un giorno intero? “Dipende: cento, centoventi, centocinquanta”. Hai un amico che può farci compagnia? “Sì, per altri cento euro”. E’ romeno come te? “Conosco solo romeni io”. Cristiano è seduto sulla mia auto e parla di soldi, si vuole mettere d’accordo in fretta. Su tariffa e prestazioni. Subito avverte: “Io sono solo attivo”.
Cosa fai? “Tutto”, risponde lui. “Faccio tutto con tutti, con gente grande come te e con ragazzi di 25 o 27 anni e non faccio problemi, tu mi dici cosa vuoi e io dico il prezzo e basta. Se lo vuoi fare deciditi, altrimenti no”, taglia corto Cristiano mentre racconta la sua vita in Italia. La telecamera nascosta riprende il suo viso. Ride quando gli chiedo perché fa quello che fa. Ride e dice: “Non ne trovo un altro, sono venuto qui a Roma la prima volta nel 2004 e poi sono tornato, questo lavoro mi piace, mi piace perché sennò farei un’altra cosa”. Non si sente omosessuale. Lo ripete un’altra volta: “Sono solo attivo, te l’ho già detto. Anche mio fratello è solo attivo e anche lui fa questo lavoro”. Vivevano da un paesino vicino Bucarest e adesso abitano sulla Salaria. Ogni giorno prendono il “92” che li porta fino a Termini.
Si fanno un gelato sotto i portici dietro la fontana Esedra e poi cominciano a battere.
Certe volte iniziano alle cinque del pomeriggio e finiscono alle 4 del mattino dopo. “Solo attivo, solo attivo”, ripete Cristiano mentre se ne va sbuffando per i trenta euro che questa volta non si è guadagnato. Valle Giulia, ore 23, 25. Sono tornato a Villa Borghese, scendo nella zona dove la polizia se n’è appena andata e i “ragazzi di vita” sono tornati a farsi vedere. Arriva uno che sembra un magrebino. E’ tunisino. Si chiama Amhed. Capelli crespi, pizzetto, è guardingo. Forse si è accorto del monovolume che è fermo dietro la mia auto, dentro c’è Stefano, l’operatore che mi sta seguendo per riprendere gli “esterni” dei miei incontri. Amhed non sale in macchina. Gli chiedo quanto prende. “E tu quanto mi dai?”, ribatte. Ci mettiamo d’accordo per 40 euro. Insisto per farlo sedere accanto a me ma lui resta fuori, in piedi. Dice che ha 21 anni e che questa sera “è venuto qui per la prima volta”. Anche Amhed sembra più giovane di quanto dice. Diciotto, forse anche diciassette anni. Provo a fargli qualche domanda ma è aggressivo, alza la voce: “Non c’è problema, se vuoi con 40 euro facciamo la serata”. Gli dico che prima voglio parlargli, lo invito un’altra volta a salire in macchina. Non sale. E chiede: “Mi hai mai visto qui? No che non mi hai mai visto, perché è la prima volta che vengo”. E’ a disagio, irrequieto. Probabilmente è davvero la prima volta che Amhed è venuto a Valle Giulia per fare un po’ di soldi.
Torno su, adesso sono su un vialone senza luci. Seduto su un muretto c’è un ragazzino, il più piccolo che ho visto stasera a Villa Borghese. E’ minuto, infagottato in un giubbotto. Mi fermo con l’auto a qualche metro da lui. Non si muove, non si avvicina. Faccio marcia indietro, abbasso il finestrino di destra e lui infila dentro la sua testa riccioluta. C’è molto buio, la telecamera nascosta riprende un’ombra. E’ Ciprian, il romeno di Galati. La sua voce arriva fievole: “Prendo 50 per tutta la sera”. Gli chiedo quanti anni ha, risponde diciannove. Gli dico che non ci credo. “Ti giuro che ne ho diciannove, li faccio domani”, garantisce mentre si fruga nelle tasche ma non trova un documento da mostrarmi. Per un giorno e una notte Ciprian vuole 150 euro. E’ da tre mesi che si vende. Gli domando quanto vuole per una settimana. Fa i suoi conti: “Per una settimana 750 euro”. Poi ci ripensa: “No 750 euro ma 1050…”. Ha moltiplicato 150 per sette giorni. Scorge l’indecisione sulla mia faccia e cala il prezzo: “Facciamo 750 e faccio tutto quello che vuoi”.
A casa mia, sette giorni a mia disposizione. Sussurra qualcosa su un film che gli piacerebbe vedere, vorrebbe anche un paio di jeans nuovi.
Lo saluto dicendogli che ci devo pensare, che forse tornerò a cercarlo domani sera.
Lascio Ciprian sul suo muretto, solo e infreddolito nella notte di Roma.