GrindHouse – Planet Terror: Recensione in Anteprima

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GrindHouse – Planet Terror: Recensione in Anteprima

Uscita in Sala: Venerdi

Mentre una misteriosa nube tossica si diffonde nel cielo della città, in ospedale, durante il turno di notte, una coppia di medici viene letteralmente assalita dauna folla di persone coperte da piaghe cancrenose, pustole piene di pus, corpi in putrefazione e ferite misteriose che si estendono velocissimamente come un virus.
Non troppo distante da qui cìè Cherry, gogo dancer in un locale notturno, che, per colpa di un’aggressione lungo la strada, perde una gamba.
Protetta da Wray raggiungerà a breve l’ospedale.
Qui la folla infetta si fa sempre più massiccia e proprio Charry e Wray, assieme ad altri strambi personaggi, si metteranno alla guida di una squadra di improvvisati guerrieri che, lottando con tutte le forze, cercheranno una via di fuga, per allontanarsi il più possibile da quel posto, diventanto un vero e proprio Planet Terror!
Il più grande rammarico, per noi europei, è non aver visto Grindhouse come originariamente pensato dai due geniali registi che l’hanno ideato.
Dopo l’incredibile Death Proof firmato Tarantino arriva questa vera e propria follia d’autore, firmata Rodriguez, e se solo ci mettiamo ad immaginare come sarebbe potuta essere la proiezione originale, con tanto di finti trailer nel mezzo, lunga più di tre ore, non possiamo che morderci i gomiti.
L’inizio è scoppiettante.
Mantenendo la tradizione con i classici grindhouse degli anni 70 si parte con un fantastico finto trailer, Macete, seguito da avvertimenti vintage sui divieti per minorenni alla visione della pellicola, e da una serie di strepitosi titoli di testa.
Rodriguez da vita ad un mix straordinario tra splatter, sexploation, cannibal, zombi e mondo movies, con citazioni, autocitazioni, camei e una vagonata d’ironia, capace di trasformare la pellicola in una sorta di fumetto comico da studiare scena dopo scena, elettrizzante, insolito e scioccante al tempo stesso.
Le trovate si susseguono, non si fa in tempo a gustarne una che immediatamente arriva quella successiva.
L’omaggio a Romero e ai suoi Zombie e La notte dei morti Viventi sono evidenti, come quelli a Carpenter, per quella che finisce per diventare quasi un romanticismo noir nel bel mezzo di una visione scioccante in una sorta di apocalisse chimica!
Semplicemente incredibili poi tutti i personaggi ideati e inventati da Rodriguez.
Abbiamo la gogo dancer Cherry, che dopo aver perso la gamba la rimpiazza con un pezzo di legno prima e una mitragliatrice dopo, il folle proprietario di una bettola che lui presenta come il “miglior posto del Texas dove poter mangiare barbecue”, che vive la propria vita con il solo scopo di trovare la salsa perfetta, uno sceriffo stoico e sospettoso, una dottoressa dalla siringa facile e due mani “traballanti”, in fuga da un marito manesco, un misterioso eroe dal grilletto infallibile, un paio di babysitter identiche e psicopatiche, un generale militare dai segreti inconfessabili, uno scienzato afghano inventore di un gas capace di trasformare gli umani in psicopatici assetati di carne e sangue e addirittura l’ombra di Bin Laden, tutto in un concentrato semplicemente folle, geniale, autoironico, bagnato da secchiate di sangue, pus, esplosioni, cervelli, intestini, testicoli e chi più ne ha più ne metta!
Indubbiamente da Oscar il make up, realizzato dagli artisti della KNB e dal mitico pluripremiato Greg Nicotero!
L’omaggio agli storici “effetti speciali” degli horror degli anni 60 e 70 prosegue con la comparsata del mito vivente Tom Savini, padre dei morti viventi di Romero, che torna davanti la macchina da presa con Rodriguez dopo Dal Tramonto all’Alba.
Come in Death Proof anche qui la pellicola è volutamente sgranata, rovinata, alcuni pezzi spariscono, come accadeva con gli originali film “grindhouse”, mentre la fotografia, diretta sempre da Rodriguez, che realizza anche le musiche, regala colori al tempo stesso sudici e colorati, sfocati con toni che vanno dal grigio al rosso più acceso possibile.
Mentre in Death Proof erano i lunghissimi dialoghi a farla da padrone, qui i dialoghi sono volutamente “sensa senso”, “stupidi” perchè siamo di fronte ad un vero e proprio Action Splatter Horror Movie, con momenti di assoluta ironia, al limite del demenziale, come quello cultissimo interpretato dal sadico Quentin Tarantino, in quella che alla fine si presenta come una geniale operazione nostalgica e al tempo stesso progressista.
Quello che sicuramente traspare è il divertimento che avrà provato Rodriguez nel girare un film simile!
Si vede lontano un miglio che ogni scena, ogni inquadratura emette veri e propri orgasmi registici di chi è riuscito a fissarle su pellicola, e proprio questo è probabilmente la differenza maggiore con Death Proof.
In Tarantino era evidente un eccessivo compiacimento nei confronti dell’aspetto esteriore, in Rodriguez è la follia a dominare su tutto, in quelli che alla fine risultano essere due mondi cinematografici totalmente personali con punti di incontro tra i due film, retrofuturisti e alla fine vicini al limite della perfezione.

Voto:8

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