Harry Potter e l’Ordine della Fenice: Recensione in Anteprima!
Uscita nelle sale DOMANI
L’estate per Harry Potter è stata lunga, noiosa e solitaria, come sempre accade oramai da anni, in attesa di tornare alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Nessuno dei suoi amici si è fatto sentire e il dover convivere con gli odiosi Dursley non ha sicuramente facilitato il trascorrere del tempo.
Proprio uno dei tanti screzi con l’antipatico obeso cugino porterà Harry a dover utilizzare l’Incantro Patronus, per reagire all’improvviso attacco di due Dissennatori, andando così contro una delle regole principali della magia, ovvero l’assoluto divieto di utilizzare i poteri di fronte a babbani.
Per questo motivo Harry verrà espulso dalla scuola.
Ma non tutte le speranze sono perdute.
Quella stessa notte un gruppo di Auror, ovvero cacciatori di Maghi Oscuri, va a prendere Potter, per ordine di Silente, che presenta appello alla sua espulsione al Ministero della Magia, portandolo in una località segreta, dove Harry scoprirà l’esistenza dell’Ordine della Fenice, un’organizzazione clandestina fondata da Silente stesso 14 anni prima per combattere le forze del male incarnate da Voldemort.
Ma le strade per Potter sono sempre tortuose.
Viene accusato di mentire sul ritorno di “colui che non si deve nominare”, a Hogwarts viene nominata una nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, la magnificamente perfida Dolores Umbridge, incaricata di portare ordine e disciplina e soprattutto di evitare che i giovani maghi possano apprendere “eccessivamente”, costringendo così lo stesso Harry a dover dar vita ad un esercito personale, pronto a darsi battaglia, in vista dell’ormai prossimo scontro finale con l’innominabile…
Ci si aspettava moltissimo da questo 5°capitolo potteriano, così come ci si aspettava molto dal suo esordiente regista, già confermato per il penultimo capitolo della saga, David Yates.
Purtroppo le attese sono state disilluse, visto che questo Harry Potter e l’Ordine della fenice è probabilmente il “peggiore” di tutta la serie.
I primi 60 minuti sono incredibilmente “mosci”, stanchi e stancanti, senza un minimo di pathos.
La storia prosegue perchè “deve” proseguire, senza un filo narrativo e autorale preciso, mettendo in mostra una serie di scene collegate tra di loro per forza d’inerzia e nulla più.
Le stesse geniali trovate della Rowling vengono sfruttate poco e male, strappando al massimo qualche sorriso.
Daniel Radcliffe è “costretto” a dover mantenere per un’ora e passa di pellicola due soli espressioni facciali: furioso con giugulare gonfio; furioso senza giugulare gonfio… praticamente è perennemente sull’orlo di una crisi di nervi!
La stessa tanto sbandierata crescita anagrafica dei protagonisti, effettivamente reale, viene mostrata solo esteriormente ed esteticamente, con le uniche differenze che riguardano il vestiario, un “umido” bacio tanto reclamizzato quanto assolutamente normale, e nient’altro, tralasciando tutti gli aspetti introspettivi del caso, Potter escluso, perennemente incupito e invogliato al male da Lord Voldemort.
L’assoluta protagonista di tutta la pellicola alla fine è la superba Imelda Staunton, in versione Kathy Bathes di Misery non deve Morire con qualche colore pastello in più, ovvero l’ambiziosa, ferrea e implacabile Dolores Umbridge.
E’ lei il vero nemico di Potter di questo 5°capitolo, facendo suo il palcoscenico principale, oscurando tutti gli altri professori della saga, mai come in questo episodio rilegati ai margini.
Promossa anche la seconda new entry, ovvero una pochissimo utilizzata Helena Bonham Carter, capace di colpire nel segno con una manciata di scene, dove riesce ad essere deliziosamente malefica, come solo lei sa essere.
Fortunatamente l’ultima parte del film risale nettamente la china, ultimissima scena con tanto di battuta marzulliana, obiettivamente evitabile, esclusa.
Lo scontro finale tra il bene e il male, che strizza più di un occhio a quello storico tra Yoda e Darth Wader dell’ultimo capitolo della seconda trilogia di Star Wars, sostituendo le spase laser con le bacchette, merita da solo il prezzo del biglietto, come tutta la parte che lo precede, dove l’oscurità e l’atteso pathos sono finalmente li a farla da padroni.
Ma 30 minuti “buoni” non bastano a giustificare i primi 60 decisamente “deludenti”.
Si poteva e si doveva fare di più, le potenzialità c’erano tutte, il lavoro di Yates è apparso sottotono e poco ispirato, soprattutto se paragonato a chi l’aveva preceduto, e qualche dubbio sulla sua riconferma comincia paurosamente ad aleggiare.
In conclusione il voto è “solamente” sufficiente, per un film che obiettivamente partiva con tutt’altre prospettive!
Voto:6