Number 23
Attendevo con ansia questo Number 23, primo thriller per uno che, a mio avviso, è tra i migliori attori in circolazione, Jim Carrey.
L’attesa aimè è stata in parte disillusa. In parte perchè Carrey è come al solito BRAVISSIMO, pazzo psicopatico ossessionato da un numero, per il resto però salvo davvero poco…la trama, teoricamente intrigante e interessante, ESAGERA nel sottolineare questo maledetto numero 23 (che viene menzionato credo 23000 volte!) la storia nella storia è montata male e ideata peggio, dei buchi niente male nella sceneggiatura vivacchiano beati, per finire poi con un finale RIDICOLO, perchè esageratamente, e in maniera anche idiota, diciamocelo, buonista, ed un MEGASPIEGONE che MAI andrebbe fatto in un BUON thriller..perchè se lo spettatore non riesce a capirci proprio NULLA, ma proprio nulla da aver bisogno di una SUPERspiegazione, allora c’è qualcosa che non va!
Carrey è un accalappiacani, sposato con un figlio. La sua vita viene STRAVOLTA nel giorno del suo compleanno, ovviamente il 23 Febbraio, quando la moglie gli compra uno strano libro, The Number 23, che narra la storia di un particolare detective, ossessionato dal numero 23, tanto da trasformarsi in assassino.
Carrey si autoconvince di essere LUI il protagonista del libro, ossessionato dal numero lo vede OVUNQUE, e inizia una folle corsa per cercare l’autore.
La cosa ridicola è che TUTTA LA FAMIGLIA, invece di prendere il paparino e portarlo in una casa di cura, non solo gli crede, ma lo segue e lo aiuta in questa folle ricerca!
L’unica cosa che riesce a fare questo film è far nascere l’ansia nei confronti di questo benedetto numero…una volta usciti dalla sala lo vedrete OVUNQUE, e smettetela di aprirvi la patta dei pantaloni…è vero che ho detto OVUNQUE ma li, per vedere un 23, ci vuole proprio una fervida immaginazione!
Voto: 2+3 = 5
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Berlino est, 1984, il capitano Gerd Wiesler è un freddo, impassibile ed abile agente della Stasi, la polizia di stato che spia e controlla, come in un grande fratello orwelliano, la vita dei cittadini della DDR. Un vero e proprio idealista, fervente credente del socialismo, da onorare e rispettare sempre e comunque.Fino a quando non sarà costretto a dover controllare la vita di Georg Dreyman, noto drammaturgo dell’Est, e la sua bella compagna Christa-Maria Sieland, famosa attrice di teatro. Ad oridinare tutto ciò il ministro della cultura Bruno Hempf, invaghitosi della compagna di Dreyman, voglioso di trovare prove a carico del regista, per eliminarlo dalla contesa amorosa.Ma l’intercettazione, portata avanti da Gerd, prende una direzione totalmente opposta, trasformandolo da duro e inflessibile capitano della Stasi, in discreto complice.
L’esordiente Florian Henckel von Donnersmarck realizza un gioiello di rara bellezza.
Una pagina di storia viene intrecciata con uno sfondo da spy story, con una ricostruzione minuziosa dei fatti realmente accaduti all’epoca della caduta del Muro di Berlino.
Un attacco duro e deciso al regime della Ddr, fatto di strette sorveglianze, di perquisizioni, di inumani interrogatori, di prigionia, di limitazione ad ogni forma di espressione, di minacce.
Un attacco indirizzato a tutti quei regimi che utlilizzano l’oppressione e la censura per frenare il flusso inesauribile delle idee, dell’arte.
Il tutto coadiuvato da un fenomenale tris d’attori, tutti incredibilmente bravi. Chi spicca è indubbiamente Ulrich Muhe, capace di subire una sottile, irresistibile ed evidente mutazione lungo l’arco di tutta le pellicola. Da spietato e cinico controllore della legalità, imposta dal regime, a complice compassionevole, pronto a troncarsi la carriera, pur di aiutare coloro che rischiano la propria vita anche solo per far conoscere al mondo una piccola verità, nel monento stesso in cui anche una sola crepa riesce ad insinuarsi lungo la sua sicurezza, che fino a poco prima era assoluta e solidissima. Per anni costretto ad ascoltare Le vite degli Altri, lui che una vita propria non aveva, cerca disperatamente di salvarne due, aiutato dall’amore per l’arte e per il teatro, e da un briciolo di pentimento, per quello che i suoi “compagni” eran riusciti a fare fino a quel momento.
Un film intenso e profondo, con un finale toccante, storicamente e artisticamente importante, con un ottimo montaggio, una fotografia cupa ed una perfetta sceneggiatura.
In estrema sintesi un vero piccolo capolavoro tedesco, meritatamente premiato con l’Oscar.
Da non perdere, prima che lo levino dalle sale, ANDATE a vederlo!
Voto:8+